"Per ogni problema complesso c'è sempre una soluzione semplice, pulita e sbagliata"
- Laura Valsecchi
- 8 apr
- Tempo di lettura: 5 min
“Per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice, pulita, e sbagliata!”
Henry Louis Mencken
Sull’Espresso di questa settimana, la giornalista Sabina Minardi ci racconta come abbia scoperto che il libro “Ipnocrazia, Trump, Musk e la nuova architettura della realtà” sia stato scritto da un autore inesistete, o meglio è riuscita a scoprire che in realtà nasce come esperimento sulla costruzione della realtà nell’era digitale.
Al centro del progetto di Andrea Colamedici, filosofo e ideatore insieme ad altri di questo esperimento, nonché editore della casa editrice Tlon che l’ha stampato, appunto, c’è l’idea di un libro che analizzi i meccanismi della manipolazione percettiva, o meglio, che il libro stesso sia una dimostrazione pratica dei meccanismi che analizza. Questo libro è stato “prodotto” grazie all’uso dell’intelligenza artificiale, partendo dall’inventare l’esistenza di un autore, dandogli un nome e affidandogli un’immagine visiva per proseguire poi nella produzione del contenuto stesso. Tutto quello che è stato scritto nel libro lo ha prodotto l’intelligenza artificiale.
Nell’articolo, che è un’intervista a Colamedici, viene raccontato come tutto ciò sia avvenuto e di come il successo del libro sia dovuto anche al disorientamento in cui ci troviamo e che ha aiutato, a suo dire, a rendere più pervasivo il concetto di Ipnocrazia e del fatto che si sta vivendo in un momento in cui si è in cerca di parole che aiutano a orientarsi nel caos per raccontare stati d’animo e momenti storici.
In questa storia ciò che mi ha colpito è l’aver fatto riferimento al periodo di profondo disorientamento come variabile che ha determinato il successo e al bisogno che le persone hanno di dare un nome, forse anche trovando parole nuove, per raccontare ciò che stanno vivendo.
Appare allora evidente come sia necessario interrogarsi e trovare strumenti per capire e comprendere ciò che sta accadendo. Allontanandoci dalle intenzioni di Colamedici, di come l’intelligenza artificiale influenzi la nostra percezione fino a manipolarla, mi sembra importante, per iniziare, aprire una riflessione sulla semplice percezione che noi abbiamo delle cose che accadono e al nome che gli diamo perché non solo serve per descrivere la realtà che ci circonda e gli eventi a cui assistiamo ma contemporaneamente la ridefinisce, fino anche a modificarla.
Ecco che allora la relazione che intercorre tra noi e il mondo e la modalità di cui siamo portatori è un aspetto importante sul quale porre l’attenzione. Conoscere e avvicinarsi alle novità ci permette di essere consapevoli e acquisire occhiali multipli e sempre differenti per guardare il presente in cui viviamo. Siamo immersi ormai da diversi anni da continui cambiamenti e siccome quello a cui si assiste è ancora in una fase di evoluzione risulta fondamentale sospendere il giudizio e mettersi in ascolto.
Per prima cosa dobbiamo partire dal prendere atto che quasi ogni giorno ormai registriamo reazioni che portano a dire “non si capisce ormai più niente” o “ai miei tempi però non era così, era meglio” oppure ad allontanare da sé la questione, provando a scrollarsi di dosso una sensazione di impotenza. In altri casi si può registrare un’altra reazione possibile, forse più severa, che potrebbe essere quella di negare il cambiamento. Questo ci permette di evidenziare le modalità diverse e le parole scelte con cui ogni persona reagisce a ciò che accade fuori da sè e quindi osservare, in un secondo tempo, la qualità della relazione che intercorre con il mondo circostante.
Ecco che allora è proprio da qui che bisogna partire, dopo aver espresso la propria re-azione è necessario osservarla, capirla e poi procedere ad interrogarsi, informandosi.
C’è un bel libro che a mio parere ci aiuta a comprendere bene cosa sia successo in questi anni e che ci permette di comprendere e a interrogare questo nostro tempo presente. Si tratta di “Abitare la complessità”, un piccolo libricino scritto da due filosofi, Mauro Ceruti e Francesco Bellusci, che già dal titolo ci invitano a rimanere dentro, a provare ad abitare quel sentimento di complessità che viviamo; ed è proprio da quella prospettiva che loro guardano e ci accompagnano ad una comprensione più ampia e profonda.
Gli autori ci raccontano come la semplificazione sia stata la via regia per realizzare l’ideale di onniscienza così che avrebbe reso il mondo sicuro, dominabile e prevedibile. “L’ideale dell’onniscienza, con i suoi costrutti epistemologici e metodologici, da Cartesio in poi, ha disciplinato le conoscenze e le azioni umane, e probabilmente si è radicato più profondamente nelle dinamiche emisferiche del nostro cervello, forgiando attitudini cognitive ed emotive, di tipo analitico, rinforzate peraltro dalla pedagogia moderna”.
Riportano così come per tre secoli l’uomo abbia pensato di trovarsi di fronte a realtà complesse da dover semplificare. Dai primi decenni del secolo scorso, con i nuovi sviluppi delle scienze fisiche, chimiche, biologiche l’uomo ha preso coscienza di trovarsi, invece, di fronte, a realtà o sistemi complessi e, di conseguenza, gli autori suggeriscono, che si è preso atto che semplificando un modello complesso si finiva per mutilarlo o inficiarne a priori la comprensione.
Questi cambiamenti naturalmente riguardano anche il mondo umano in quanto noi esseri umani viviamo processi nuovi così profondi su differenti piani, per esempio quello geopolitico, economico, tecnologico, antropologico che stentiamo a capire se si tratta di mutazioni, metamorfosi o regressioni. Quello che alle mie orecchie è apparso interessante ascoltare è che questi autori rilevano che nonostante appunto le cose siano cambiate, ci siano delle ritrosie di fronte alla complessità e di come le fughe dalla complessità si siano moltiplicate.
“Il rifugio nella semplificazione persiste come tentazione ancora irrefrenabile e spesso risolutiva di stati d’angoscia, speriamo di poter tutto semplificare, programmare, anticipare con calcoli. Tendiamo a prefissare scopi a breve termine, a circoscrivere il fattore onniesplicativo di ciò che accade intorno, a trovare sempre una logica (il vero cavallo di battaglia del semplicismo!) nella speranza di scartare o escludere ciò che è contradditorio, imprevisto, irrilevante e ambiguo. Nella speranza di poter sempre distinguere con nettezza il vero dal falso, il bene dal male.”
Il libro a mio avviso va letto veramente per intero, proprio perché gli autori provano ad intrecciare i vari piani e a spiegare come queste interazioni determinano delle conseguenze, anche emotive, nel nostro modo di vivere.
Quello che è urgente e che ci viene chiesto come uomini del nostro tempo, è poter riflettere come ciascuno di noi descriva il mondo che ci circonda poiché il modo di farlo influenza il nostro stesso vivere ma anche la relazione che stabiliamo con gli altri. Perfino il Papa in un’intervista al Corriere della sera sottolinea come “le parole non sono mai solo parole, sono fatti che costruiscono ambienti umani”. Ed ecco allora, anche da un’altra prospettiva, c’è l’invito a riflettere sull’uso che si fa delle parole, che possa essere consapevole e informato.
Chiudo questa riflessione ricordando le parole di Loredana Lipperini che nel suo podcast su Rai Radiotre, “Le parole della paura”, ci ricorda come la paura e la mutazione sociale siano legate, o meglio di come il primo motivo della paura sia il cambiamento: quando le cose cambiano abbiamo sempre paura perché ogni cambiamento ci coinvolge in prima persona, e ogni cambiamento è una perdita, eppure senza mutare però si muore.
“Ipnocrazia. Trump, Musk e la nuova architettura della realtà” di Jianwein Sun, Andrea Colamedici (traduttore) Edizioni Tlon
“Abitare la complessità. La sfida di un destino comune” di Mauro Ceruti, Francesco Bellusci, Mimesis
“Le parole della paura”, di Loredana Lipperini, Rai Radiotre, Rai PlaySound
Settimanale L’ESPRESSO, venerdì 4 aprile 2025