Un caro collego mi consiglia un libro e me lo lascia sulla scrivania, lo ringrazio subito perché un libro è sempre un libro e, per una come me, che crede nell’importanza dei libri per la vita di ogni uomo, non posso che ringraziarlo. Nel salutarci, però, me ne sto per dimenticare, è lui che me lo ricorda e così lo porto con me.
Sono in un momento della giornata, in cui devo attendere e decido di avvicinarmi a quel libro che, invece, in un secondo momento, scoprirò avermi incuriosito. “Non temere per noi, la nostra vita sarà meravigliosa” di Mario Calabresi.
Apro la prima pagina e dopo aver letto per qualche minuto, mando immediatamente un messaggio di ringraziamento alla persona che me l’aveva prestato, perché già in quelle poche righe ero stata travolta e avvolta dalle storie che li venivano raccontate. Il mio pensiero subito andò ai ragazzi di un liceo che avrei incontrato a febbraio e fu proprio in quel momento che decisi che avrei portato con me quel libro e che avrei letto loro alcune parti perché parlava di esistenze, di passioni e di lavoro e io, non esplicitamente, andavo da loro per quello.
L’incontro avrebbe riguardato una mia presentazione sia personale ma anche generale del percorso formativo che è necessario intraprendere per poter diventare psicoterapeuta, il Progetto si chiama appunto il Salone delle Professioni. Quello che però mi premeva far saper loro, appunto, e che nel corso degli anni gli raccontai, dato che non era la pria volta che partecipavo, era proprio quello che trovai scritto così chiaramente in quel libro, ed era che “coltivare i sogni è ancora il miglior motore di un’esistenza.”
Scegliere l’università significa per prima cosa interrogarsi sulle proprie passioni, poiché la conoscenza slegata dalla passione avrebbe portato o ad una strada corta oppure lunga ma insoddisfacente. Sogni ed esistenza nella stessa frase, sembrano oggi quasi un ossimoro. Ma è solo a loro, ai giovani ragazzi a cui bisogna ricordare questo oppure anche a tutti noi?
Continuavo a leggere quelle storie e rimanevo pervasa da un’energia fortissima. Mi accorsi allora che, forse, il libro stava raccontando anche altro, e non riguardava solo la scelta di un lavoro. Mi chiesi, cosa mi stava accadendo mentre leggevo?
Ripensai ad un articolo che lessi tempo fa, intitolato, “Vitalità vitalismo e vergogna”, dello psicoanalista Claudio Neri e che proponeva la distinzione tra vitalità e vitalismo. Il vitalismo per Neri sembra essere espressione di una pseudo vitalità, appunto vitalismo, iperattività nevrotica e stati ipomaniacali. Suggeriva, inoltre, che un altro modo per operare la distinzione era quello di prendere in considerazione l’ansia, un’ansia riversata sugli altri. Un individuo, che a prima vista appare vitale ad un’attenta osservazione si scoprirà, invece, che non è spinto da una gioia ma da un’ansia che non gli dà tregua. MI sembrava così preziosa questa distinzione, e in particolar modo, il carattere con cui appariva il vitalismo, cioè una “forzata pseudo vitalità”, tanto da sentire la responsabilità, come psicoterapeuta, di far sapere loro la differenza.
Ecco che scoprivo che, per me, la vera protagonista del libro era quindi la vitalità, quel sentire così profondo che mi avvolse nella lettura.
La vitalità è quel vivo desiderio di esplorare nuovi territori, provare fiducia nel cambiamento e pensare di avere il diritto alla trasgressione. E questo è completamente differente da quel perenne movimento che appare aver contagiato questo nostro tempo presente, soprattutto dopo il covid. Naturalmente lo psicoanalista Claudio Neri, nel suo articolo, molto più complesso e articolato, si riferiva al vitalismo come ad una condizione sintomatica di molti uomini e donne che si presentano negli studi e rispetto ai quali è necessario un ascolto profondo, che può avvenire solo all’interno di una stanza di terapia e che permette di comprendere cosa nasconde e significa quel perenne movimento che da fuori accomuna più persone ma che dentro ogni singola persona ha significati differenti.
“Se vuoi fare l’architetto e non hai intenzione di spostarti da casa allora o sei figlia di Renzo Piano o sarai uno di quei professionisti che daranno il tormento a tutti gli amici e parenti per convincerli a fare una libreria a muro o a ridisegnare la cucina. Ma se sei pronta per viaggiare nel mondo, a studiare il cinese, ad andare in Perù o in Turchia, allora non avere paura, avrai il tuo spazio, perché il mondo ha ancora fame dello stile italiano”. E poi un sogno tiene compagnia, mentre se fallisci facendo qualcosa che non ti piace, allora la beffa è doppia.”
Avevo deciso di leggere questo pezzo ai ragazzi, volevo dire loro che si può osare, provare e buttarsi lasciando andare le sicurezze note, andare oltre, verso il non conosciuto. E se qualcuno di loro mi avesse chiesto, come si fa?, domanda che spesso ci viene fatta a noi psicoterapeute, sarei stata questa volta pronta, raccontando loro un’altra storia che trovai in quel libro. Era la storia di una ragazza italiana che viveva in Cina e che, non sapendo quale strada scegliere rispetto ad una proposta lavorativa, raccontò che le venne in aiuto un proverbio cinese che le ricordò come fare: “Usa il cuore per pensare”.
In conclusione, chiedersi se si sta avendo una vita soddisfacente è una domanda che è necessario farsi, sia che tu sia giovane oppure adulto.
Mi fa piacere qui aggiungere come la psicoanalisi si occupi proprio di ciò di cui ho parlato fino ad ora. Si occupa di curare le vite, di esistenze sofferenti e doloranti che hanno bisogno di essere ascoltate e comprese. Bruno Bettelheim nel libro “Freud e l’anima dell’uomo”, ci ricorda che la parola psiche, utilizzata da Freud, significa anima e che la psicoanalisi fosse appunto l’analisi dell’anima dell’uomo, e non come fu invece tradotta in inglese con mind, traduzione che portò verso una deriva cognitiva della psicoanalisi.
Bibliografia:
Mario Calabresi “Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa”
Claudio Neri, “Vitalità, vitalismo e vergogna”, Talks on Psychoanalysis, Italian Edition, International Psychoanalytical Association
Bruno Bettelheim, “Freud e l’anima dell’uomo”